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martedì 16 settembre 2014

L'intervento del Prof. Paolo Neyroz

Con un ritardo dovuto ad un problema tecnico pubblichiamo l'intervento del prof. Paolo Neyroz ad Un vino Un Libro della edizione 2014....ringraziando Paolo per la cortesia e per la pazienza!!

IL DESIDERIO DI ESSERE COME TUTTI
Il libro di Francesco Piccolo potrebbe essere considerato un romanzo di formazione per
come attraversa episodi autobiografici combinandoli con la politica dagli anni 70’ in poi,
registrando la nascita, la formazione e il consolidarsi delle proprie convinzioni.
Non  solo,  forse  più  importante,  è  un  libro  “per”  (a  causa  di)  Berlinguer,  “dedicato  a”
Berlinguer.  Berlinguer  nel  quale  l’autore  si  identifica,  nel  quale  l’autore  trova  la  sua
identità nella consapevolezza matura che, nel territorio dei valori, i cui confini sono stati
delineati da Berlinguer, lui trova patria.
E  qui,  se  non  fosse che  abbiamo appena  iniziato,  per  non  avventurarmi  in  cose più
grandi di me dovrebbe dirsi conclusa la mia attività di recensione.
D’altra parte, in questo libro di vino non se ne parla molto.
In realtà c’è un riferimento al vino ed è anche importante per l’autore:
Interno giornoUn salone di casa, amici che si sono radunati per seguire in televisione
le elezioni  il 28 Marzo del 94, davanti alla  televisione una  ragazza seduta  per  terra; ha
vinto Berlusconi  e la  depressione,  anzi, la  disperazione  domina  su  tutti;  la  ragazza  si
volta per afferrare il suo bicchiere di vino rosso: “Va bene, che sarà mai, Berlusconi ha
vinto le elezioni  e governerà,  cosa  può succedere?”.  L’autore ricorda:  “...e continuava
piuttosto serenamente a sorseggiare il suo vino. L’unica impressione che dava  era che
quel vino le piacesse.”
A questo episodio torneremo tra poco.
Ma  prima  vorrei  dire che a  me fa  piacere partecipare a  questi  incontri  di Un vino un
libro (grazie  Lamberto)  non  perchè  abbia  la  possibilità  di  suggerire  un  libro  o
presentarne una recensione. Mi piace perchè mi permette di associare e di filtrare i temi
proposti  dal  pensiero di  un  autore con  la  mia  passione per  il  mondo vino con  la  mia
passione  di fare  il  vino.  Intendiamoci  da  dilettante,  ma  comunque  protagonista  di
quell’attività.
Veniamo, dunque, a dare queste associazioni filtrate.
Inizio dal titolo, quel TUTTI nel titolo in realtà cela un ambiguità che viene chiarita lungo
il racconto, ma che all’inizio sembra riferirsi  proprio al “desiderio di essere come tutti”,
tipico  dell’adolescenza,  ma  non  solo.  Quel  essere  accettati  perchè  uguali  agli  altri  e
quindi  congeniali  al  gruppo,  facenti  parte, non  diversi.  Ho vissuto e vivo questa  ansia
quando  vado  ad  assaggiare  il  vino  che  ho  fatto.  Non  potendo  desiderare  che  sia
eccezionale, desidero che sia come tutti, spero che sia come tutti, quindi accettabile.
Ogni volta che si inizia a fare qualcosa si desidera di risultare almeno al  pari  degli altri,
a  diventare  diversi-in-meglio c’è sempre  tempo e  strada  facendo  si  impara  che  quel
tempo può essere anche molto lungo.
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La  rotta  che  il  libro  segue  è  tracciata  da  alcuni  punti  di  passaggio,  episodi
autobiografici, definizioni di concetti e parole.
Primo  episodio:  Amburgo,  1974  Campionati  del  mondo  di  calcio,  Germania  EstGermania Ovest. L’autore ha 10 anni ed Il padre lo chiama davanti alla televisione e gli
dice che vedranno insieme una partita, una partita memorabile, da una parte i “nostri”, il
Mondo Occidentale(il padre è sempre stato decisamente di destra): la Germania Ovest.
Dall’altra i “nemici” del Mondo Comunista: la Germania EST.
Inizia la partita, ma quel ragazzo si appassiona col trascorrere del primo tempo per quei
giocatori  dalla  divisa  attillata  e  fuori  moda  e  pronosticati  perdenti  contro  la  grande
Germania  di  Mayer, Beckenbauer  e Muller. Più  il  tempo passa  e più  la  difesa strenue
dei  pronosticati  perdenti  tiene,  più  si  conferma  la  passione  per  quella  squadra  di
anonimi  calciatori. Fino al  31’ del  2t quando il  centravanti  Sparwasser  riceve un  lungo
traversone da destra,  stoppando con  la  faccia  fa  fuori  due difensori  e segna!  Lui salta
dal divano e urla a braccia alzate, il padre si volta e gli rivolge uno sguardo che segnerà
per  sempre la distanza fra  loro.  Così, ricorda  l’autore,  sono diventato comunista a 10
anni!
E  qui  siamo  al  punto  che  questo  episodio  solleva:  progetti,  scelte  di  vita,  opzioni
fondamentali che vengono determinate da eventi apparentemente casuali.
Ovvio  che  proprio  casuali  non  sono:  c’è  l’inconscio,  ci  sono  tutti  gli  aspetti
inconsapevoli,  ma  reali,  che ci  portano in  una  direzione.  Sintetizzando in  una  parola
l’istinto?




Per  un  pittore dipingere un  quadro,  completare un  opera  è portare a  fine un  progetto,
raggiungere le proprie aspettative estetiche.
Ed ecco che Piet Mondriane Hans Hartungindicarono 2 vie alternative:
Affidarsi alla ragione, alla geometria Affidarsi all’istinto, al gesto
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Venendo al  vino, mi è tornato alla mente un  capitolo del bel  libro presentato proprio a
Un Vino un libro l’anno scorso da Gian Arturo Rota e Nichi Stefi: Luigi Veronelli.
“Ricerche”, in  cui si riporta una lettera di Mario Incisa della Rocchetta a  Veronelli in cui
traccia le origini del Sassicaia: “Piero Antinori..... mi incorraggia a scriverLe per narrarLe
perchè e come io sia giunto a tentare qui a Bolgheri la produzione di un vino da bottiglie
come il  Sassicaia”.  E  racconta  come da  studente a  Pisa,  tra  il  1921 e 1925,  avesse
assaggiato un vino dei Duchi Salviati prodotto da una vigna sul monte Vecchiano e che
gli ricordava lo stesso “bouquet” inconfondibile di un Bordeaux che suo nonno gli aveva
permesso di assaggiare a 14 anni. La vigna di Vecchiano era piantata a Cabernet.
“Da allora mi ero prefisso di fare un vino che avesse quella particolarità”....
“Trasferitomi  stabilmente a  Bolgheri  nel  1942,  avevo  cercato una  zona  adatta  al  mio
esperimento....
Tornando al filo conduttore che vi ho proposto, anche qui, all’origine di una scelta di vita
(d’impegno politico per l’autore, d’impegno professionale per Incisa della Rocchetta) vi è
un episodio vissuto in gioventù e fissato come direzione di riferimento:
Il goal del 74’ di Sparwasser, la percezione di un “bouquet” inconfondibile.
Il secondo episodioche voglio affrontare è quello riferito all’inizio: Le elezioni del 94’,
la vittoria di Berlusconi e la ragazza che beve il vino.
Introduce ad un  tema centrale del libro, che sta nella  considerazione del  tutto originale
che l’autore offre di un atteggiamento generalmente inteso come negativo e che invece
lui propone come positivo: La Superficialità.
In  realtà  e per  completezza,  il  tema  della  superficialità  è presentato all’inizio del  libro
con un altro aneddoto trattato in modo molto divertente , il colera a Napoli nell’estate del
1973. Ma  veniamo alla rivisitazione positiva della  “Superficialità”, intesa come capacità
di  vedere,  vivere  le  cose  solo  in  superficie,  negandosi  le  conseguenze  profonde.
Negandosi  il  risultato  di  un  analisi  più  profonda.  Riducendo, potrebbe essere l’eterno
conflitto fra  ottimisti  e pessimisti,  ma  l’autore ci  porta  a  vedere un  aspetto importante
della  “Superficialità”:  La  capacità  di  vedere le cose  con  distacco,  che  ci  permette  di
andare avanti quando un analisi più profonda ci direbbe di fermarci.
Direi di più, l’atteggiamento “Superficiale” può essere assunto attivamente per carattere,
oppure passivamente (involontariamente) per ignoranza.
Qui vengo all’associazione filtrata: La mia esperienza di contadino-clandestino.
Ci si propose l’acquisto di una casetta di pietra cadente con 2 ettari di terreno ad uliveto
e mezzo ettaro di vigna. Cosa voleva dire non lo sapevo, ma mia moglie e mia figlia se
ne innamorarono e dalla finestra al  secondo piano si vedeva  il Tino e la  Palmaria. Ad
una  analisi  profonda  la  risposta  sarebbe  stata  non  lo  dobbiamo  fare,  ma  la
“Superficialità” passiva  ci  fece dire di si.  Così  ho imparato a  cogliere le olive, a partire
da  Bologna  appena  posso per  tagliare  l’erba  e fare la  legna  in  primavera  ed estate,
potare la vigna in Febbraio e i trattamenti successivi, saltare i tagliandi dell’auto perché
non  ho tempo anche se la  macchina  ha  250,000 Km, poi  ho conosciuto Lamberto, ho
imparato  che  alle  tradizioni  certe  volte  bisogna  dar  retta,  ma  altre  volte  le  si  deve
mandare a quel paese. Insomma, l’avventura più redditizia e felice della mia vita.
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Vi  sarebbero altre associazioni  interessanti  indotte dalla  lettura  del  libro di  Francesco
Piccolo.  Per  esempio  quelle  legate  al  concetto  di purezzaverso quello di
compromessooppure quelle che potrebbero scaturire dal  riferimento alla  conferenza
del  1919 di Max Weber  in  cui definì e contrappose l’etica del principio e quelladella
responsabilità (decisiva  per  l’interpretazione,  più  che  condivisibile,  dell’azione  di
Bertinotti nel far cadere il primo governo Prodi il 3 Ottobre del 1998).
Ma desidero terminare con terzo episodioche si riferisce a Caserta, anzi alla Reggia di
Caserta, e alla fontana in cui si rappresenta il mito di Artemide (Diana) e Atteone.
All’età di  nove anni  d’estate, a  casa del suo compagno di banco Massimo, conosce un
ragazzino  di  paese,  lentigginoso e  con  pochi  capelli,  che  parlando  solo  in  dialetto  li
invita  a  seguirlo,  per  un  passaggio  segreto,  in  un  posto  meraviglioso.  Ben  presto  si
rende conto che il posto meraviglioso è il parco della Reggia di Caserta dietro casa sua
e che spesso ha visitato. Ma questa  volta è fuori dall’orario di visita  e vive nell’incanto
della completa solitudine, bevendo una coca-cola fredda, la natura di quel parco.
Ne diviene parte e quella Reggia, quel posto gli apparterranno.
In  quell’occasione vede alla  fontana  della  Reggia  la  statua  di  una  donna  nuda  che le
compagne cercano di coprire con veli e quella di un cervo braccato da cani.
Incontra il mito di Diana e Atteone: Per la calura estiva, durante una battuta di caccia al
cervo, Atteone scende a rinfrescarsi nelle stesse acque dove Diana e le sue compagne
stanno per  immergersi. Atteone vede Diana nuda e perché lui non possa raccontarlo lo
trasforma in un cervo che verrà attaccato dalla muta dei suoi stessi cani.
La nudità di Diana come segreto divino al quale l’uomo non può avvicinarsi, pena la sua
morte. Morte come punizione inflitta per la profanazione di Atteone, per il voyeurismodi
Atteone potremmo dire.
Francesco Piccolo avrebbe forse voluto trasformare in cervo Berlusconi, quando per  il
G7 del 1994 intrattenne Blair e Clinton con ameni commenti e secondi sensi nella “sua”
Reggia di Caserta, profanandola.
A me è venuto in mente la  seguente associazione filtrata: All’inizio della mia  avventura
nel  vino capitava  spesso che, assaggiato un  vino particolare per  qualità e personalità,
ne volessi conoscere i  segreti  della  sua produzione. Avrei  desiderato passare un  anno
in  quell’azienda  per  carpirne il  segreto,  per  vedere  nella  sua  “nudità”  quel  processo
divino. Poi mi è passata, non perché non si possa sezionare tecnicamente un vino, non
perché non si possano acquisire e comprendere pratiche e tecnologie, ma perché ora di
un  vino  mi  piace semplicemente  ascoltare  quello  che ha  da  dirmi.  Così  come di  un
quadro non mi interessa sapere se é stato eseguito ad olio o tempera.
Anche questo potrebbe definirsi un elogio della “Superficialità”.
Fine

Paolo Neyroz