Mondadori. Una storia di famiglia
Introduzione:
con lo sguardo di Cristina
Nel
libro Le mie famiglie Cristina
Mondadori, figlia minore del grande editore Arnoldo, traccia una sorta di saga
familiare ricca di aneddoti, vicende personali, memorie e affetti privati. Tre
sono le casate attorno alle quali Cristina costruisce il proprio lessico
familiare: i Mondadori con capostipite Arnoldo; i Monicelli, da cui proviene la
madre Andreina; i Formenton, famiglia di Cristina e di suo marito Mario. Questo
racconto si salda a quello della grande avventura editoriale del padre Arnoldo,
perché Mondadori attua da subito una politica familistica, ritenendo che l’azienda
debba essere la strada maestra per tutta la famiglia e che tutti debbano
prendervi parte.
La narrazione delle vicende della vita
privata dei Mondadori si intreccia con quella che è la dimensione pubblica
della famiglia stessa, dovuta al ruolo centrale di Arnoldo nell’editoria
italiana, e più di recente ai fatti legati al passaggio di proprietà della casa
editrice al Gruppo Fininvest di Berlusconi. Il racconto si fa allora
testimonianza di uno spaccato della storia del nostro paese, ripercorrendo le
tappe centrali del Novecento italiano sotto lo sguardo tutto particolare di Cristina
Mondadori.
1.
Arnoldo, o su come si diventa
editori
Cristina ci introduce nel suo mondo
attraverso una storia fatta di persone: le quattro generazioni di Mondadori; i collaboratori
della casa editrice; gli autori italiani e stranieri che pubblicano con
Mondadori, spesso ospiti della famiglia nella casa di piazza Duse a Milano o nella
villa a Meina. Nei ricordi di Cristina spiccano il padre Arnoldo, e al suo
fianco, il fratello maggiore Alberto e la madre Andreina, che ha un ruolo
centrale nel sostenere il marito e nel mantenere unita la famiglia. A queste
figure si aggiungono quella del marito Mario, e soprattutto quella dell’«azienda»,
tanto presente nei discorsi e nelle preoccupazioni del padre da indurre
Cristina bambina a crederla un membro della famiglia.
Cristina comincia dalle
origini: tutto inizia quando Arnoldo nasce nel 1889 a Poggio Rusco nella Bassa
Mantovana in una famiglia molto povera. In quinta elementare lascia gli studi
ed entra garzone in una drogheria. Andrà sempre fiero delle sue origini umili,
che non gli impediranno di confrontarsi con i grandi intellettuali della sua
epoca. Supplirà alla sua scarsa istruzione con un intuito particolare, che gli
consentirà di riconoscere gli autori e i libri di successo e di cogliere al
volo le occasioni editoriali. In questo sarà aiutato dal suo fascino naturale:
come ricorda la figlia, i suoi compaesani lo chiamavano «incantabiss», incantatore di serpenti, per la sua «bella voce,
calda, accattivante»[1]
con cui seduceva i suoi autori.
L’attività editoriale di
Arnoldo inizia a Ostiglia, dove nel 1907 entra a lavorare in una cartoleria,
che ha nel retrobottega una piccola tipografia. Arnoldo, con alcuni compagni,
vuole pubblicare un giornale a sostegno delle lotte socialiste di quel periodo,
perciò offre la sua collaborazione ai fratelli Manzoli, proprietari della
tipografia. Ben presto Arnoldo stesso rileva l’attività e nella tipografia rinominata
«La Sociale» stampa su commissione pubblicazioni occasionali, quali opuscoli, volantini,
manifesti, ma produce anche alcuni numeri del giornale socialista «Luce!», come
aveva desiderato.
Arnoldo nasce dunque tipografo,
tratto che segnerà l’azienda Mondadori per molti anni: Arnoldo aprirà numerose
stamperie e sarà sempre attento agli sviluppi tecnologici delle macchine da
stampa, modernizzando di continuo i propri stabilimenti.
Sempre
a Ostiglia Arnoldo fa i due incontri che cambieranno definitivamente la sua vita:
quello con Tomaso Monicelli nel 1911, che gli permetterà di avviare la sua
attività editoriale, e quello con Andreina, sorella di Tomaso e sua futura moglie.
Arnoldo
convince Tomaso a scrivere delle novelle per ragazzi, riunite nella raccolta Aia madama, che sarà il primo volume
pubblicato da Mondadori e il primo della collana di libri per ragazzi «La
lampada», uscita nel 1912. Mondadori
comincia allora la caccia agli autori, adottando una formula tutta sua per
sedurli: «Di solito è un editore che crea un autore. Se Lei accettasse di
scrivere per me, sarebbe il contrario. Sarebbe Lei a creare, e a fare grande,
un editore». Formula a cui aggiunge poco dopo: «Io sono un uomo di grande
avvenire, lo so»[2].
Riesce così a pubblicare tra gli altri un libro di Guido Gozzano e di Luigi
Capuana.
Emergono già i tratti
specifici di Arnoldo Mondadori: egli è insieme un abile editore e un
imprenditore con una forte etica del lavoro, unita a una propensione al guadagno.
Cristina, in un’intervista rilasciata a «Il Giornale»,
ricorda come il padre ripetesse sempre: «Con la cultura e basta non si fanno i
soldi» e ne Le mie famiglie lo descrive come un uomo «fortemente
volitivo»,
dotato di «astuzia, cautela e determinazione»,
senza troppa fiducia nello studio; confida invece nel duro lavoro, che gli ha
permesso di realizzarsi ugualmente.
Mondadori sa coinvolgere i
suoi collaboratori, ma soprattutto riesce a stringere rapporti duraturi con i
suoi autori, molti dei quali diventano veri e propri amici di famiglia.
Cristina ricorda come i genitori accogliessero gli autori della casa editrice
nel salotto o nella sala da pranzo della casa di piazza Duse, cosicché da casa Mondadori
passeranno i maggiori intellettuali del secolo scorso: Thomas Mann, Hemingway,
Quasimodo, Ungaretti, Pirandello, Mario Soldati, Dino Buzzati, Marino Moretti. E
la madre Andreina farà sempre «il possibile per mantenere le buone abitudini
con gli autori: quando veniva raggiunta una certa tiratura dei loro libri,
commissionava a Luciano, il pasticcere del Sant’Ambroeus, una torta che ne
riproduceva la copertina; e si festeggiava nella casa di piazza Duse, in tono
informale, mai troppo mondano».
Nel
1921 la redazione della Mondadori si trasferisce a Milano, con tutta la
famiglia. Qui Arnoldo si mette in competizione con le maggiori case editrici
dell’epoca, come Sonzogno e Treves, che a Milano avevano sede.
Al
1921 risale anche l’incontro con D’Annunzio, che inizialmente rifiuta la
proposta di Mondadori di pubblicargli l’opera omnia, ma nel 1926, dopo anni
d’insistenza, è costretto a cedere, entrando «a far parte della grande famiglia
Mondadori»[7].
Da allora la casa editrice acquista un ruolo centrale nel contesto editoriale
italiano, tanto che i maggiori letterati italiani e stranieri dell’epoca
pubblicheranno con Mondadori.
Arnoldo
si impone come editore anche grazie ad alcune iniziative editoriali che faranno
la storia dell’editoria italiana, come i «Gialli Mondadori», prima collana
italiana di romanzi polizieschi. Arnoldo con grande intuito decide di puntare
su questo genere molto popolare in tutta Europa, pubblicando romanzi di autori
in prevalenza stranieri con traduzioni accurate. Il progetto editoriale ha
grande successo, tanto che il ‘giallo’, da colore delle copertine che dà nome
alla collana, passa a designare il genere letterario.
Nel
1933 Mondadori crea la collana di narrativa «Medusa» che include opere di
rilievo di scrittori stranieri contemporanei. Avviare in clima di autarchia culturale
un tale progetto editoriale è una scelta coraggiosa, che mostra la volontà
dell’editore di soddisfare l’esigenza del pubblico italiano di confrontarsi con
la cultura europea. Il ruolo centrale che la traduzione riveste nella riuscita
della collana permette l’affermarsi di una nuova figura editoriale: il traduttore,
impersonato allora da scrittori quali Cesare Pavese e Corrado Alvaro.
Risale agli anni Sessanta l’invenzione
di una delle più fortunate trovate della casa editrice. Di fronte al
modificarsi del gusto dei lettori italiani, sempre più interessati ai romanzi,
la Mondadori si inventa un nuovo tipo di pubblicazione: il libro tascabile
economico. Per raggiungere il più ampio numero di lettori possibile, Arnoldo porta
le opere più rappresentative della letteratura italiana e straniera nelle
edicole, diffuse in modo più capillare sul territorio italiano rispetto alle
librerie, e frequentate da un pubblico più ampio e variegato. Nasce la collana
degli «Oscar»: il primo titolo pubblicato nel 1965 e venduto a sole 350 lire è Addio alle armi di Hemingway, che in
poco tempo vende 210 000 copie. Questo successo conferma a Mondadori le
sue «ultradecennali affermazioni che in Italia esiste una massa di potenziali
lettori che vanno semplicemente raggiunti». L’importanza
degli Oscar Mondadori col tempo è diventata tale da poterli oggi definire «una
casa editrice dentro la casa editrice». Attualmente la collana è suddivisa in
ventotto serie, e offre una pluralità di contenuti rispondendo alle esigenze di
un pubblico molto vasto.
2. Non solo Arnoldo: Alberto e il Saggiatore
Con il padre, è il fratello
Alberto l’altra grande figura editoriale che emerge dalla memoria di Cristina:
curioso e ricco di interessi, più raffinato e acculturato di Arnoldo, anch’egli
dotato di grande intuito, ma più focoso e impulsivo, per questo sempre in
conflitto col padre. Nel 1939 è lui a ideare con Indro Montanelli e Carlo
Bertrand «Tempo», un settimanale innovativo per l’epoca pubblicato da Mondadori
fino al 1943. Progettato sul modello della rivista americana «Life», è ricco di
immagini, spesso foto scattate da fotoreporter, che si uniscono ai testi nel
raccontare storie in un tono sempre divulgativo.
Il notevole intuito
editoriale di Alberto lo porta nel 1952 con Giorgio Monicelli, figlio di
Tomaso, a creare due collane dedicate alla science
fiction, genere nato negli USA negli anni Trenta ma che in Italia non era ancora
molto diffuso. È Giorgio a creare con un calco dall’inglese il termine italiano
‘fantascienza’. Nasce così la collana periodica «I romanzi di Urania», quindicinale
a cui fa seguito «Urania», mensile di racconti brevi, articoli e una rubrica di
corrispondenza, simile alle riviste americane, che dal 1953 diventa una collana
di tascabili. Dal numero 153 conterrà solo romanzi, andando a definire un vero
e proprio genere letterario.
Nel 1958 Alberto crea un
nuovo marchio editoriale, Il Saggiatore, che gestirà in modo indipendente, per
lo meno nelle scelte editoriali: si occuperà soprattutto di saggistica,
puntando alla diffusione di una cultura elevata e di ampio respiro. Alberto
pubblicherà opere cardine per la storia del pensiero occidentale: scritti di
Sartre, Thibaudet, De Martino, Lévi-Strauss, Jaspers, Arnheim, Wilson.
3. Dopo Arnoldo: tra errori e conflitti, come perdere
un’identità
Alla fine degli anni Sessanta, Arnoldo
cede la presidenza dell’azienda al figlio Giorgio, e nomina vicepresidente e
amministratore delegato il marito di Cristina, in Mondadori dal 1961, quando su
proposta di Arnoldo
è nominato direttore
generale delle stamperie di Verona. Alberto si ribella alla decisione e lascia
la Mondadori, facendo del Saggiatore una casa editrice autonoma. Ciò comporta
una rottura in Mondadori, perché Alberto convoca una riunione con alcuni amici
e collaboratori fidati che lavorano nell’azienda paterna per chiedere loro di
seguirlo al Saggiatore, ma alcuni come Vittorio Sereni (amico di lunga data di
Alberto) e Mario Spagnol restano alla Mondadori. L’impresa si rivela disastrosa,
e nel 1969 Arnoldo e Raffaele Mattioli devono intervenire per salvare il Saggiatore
dal fallimento.
Dagli anni Sessanta in
poi, la narrazione si fa più autobiografica: al centro ci sono Mario, Cristina
e la loro famiglia. Dopo la morte di Arnoldo nel 1971, a fine anni Settanta Mario
è nominato presidente. Per cogliere le occasioni offerte dal mondo televisivo
in crescita, progetta una rete d’informazione, Retequattro; ma gli investimenti
fatti non hanno un ritorno adeguato e causano perdite notevoli per l’azienda
con il rischio di un disastro finanziario. Alla fine, la Mondadori riesce a
vendere Retequattro alla Fininvest di Silvio Berlusconi. Per aumentare il
capitale dell’azienda in difficoltà, Mario ristruttura il consiglio di
amministrazione. Entrano nuovi soci con nuovi capitali: tra questi, Berlusconi
e Carlo De Benedetti, già socio del gruppo Repubblica-L’Espresso, due figure
che determineranno pochi anni dopo il destino della casa editrice.
Infatti, nel 1987 muore
Mario e le difficoltà per la nomina del nuovo presidente portano alla rottura
con Mimma e Leonardo, che con Berlusconi escono dal consiglio di
amministrazione. Nel 1988 Berlusconi, che è ancora azionista di Mondadori,
offre ai Formenton un’importante somma e la possibilità di riunire la famiglia,
riallacciando i rapporti con Mimma e Leonardo. Dopo vari incontri, Cristina e i
figli decidono di dare la Mondadori a Berlusconi benché abbiano già firmato un
accordo con De Benedetti, che li impegnava a vendergli la maggioranza delle
loro azioni della casa editrice. Si
scatenano gli scontri tra la Finivest e la CIR di De Benedetti per il controllo
dell’azienda, dal 1988 fusa con il gruppo Repubblica-L’Espresso. Nel ’90 i
giudici si pronunciano a favore di De Benedetti, i Mondadori escono dalla casa
editrice e c’è un ricorso in appello. Nel 1991 la Corte di appello di Roma
annulla la prima sentenza e assegna la Mondadori alla Fininvest e il gruppo
Repubblica-L’Espresso alla CIR. Berlusconi acquisisce le azioni di Mondadori e
Formenton. Leonardo è nominato presidente e Luca, primogenito di Cristina,
vicepresidente.
Conclusione:
la Mondadori oggi
Cristina Mondadori ci narra la storia
della sua famiglia e di suo padre Arnoldo, uomo che, nonostante i mezzi
culturali limitati, con un grande ‘fiuto’ e un’astuta politica editoriale, approda
a Milano e cambia la storia dell’editoria italiana. Con gli occhi di Cristina
ripercorriamo le tappe fondamentali che fanno di suo padre il grande editore
che è stato, ma anche la fine di questa vita da romanzo, e con essa di un
modello di editoria.
La casa editrice oggi non
è più di proprietà della famiglia Mondadori: ormai solo Martina, figlia di
Leonardo, ha un posto nel consiglio di amministrazione, ma dal 2003 Marina
Berlusconi ne è la presidente. La Mondadori Libri S.p.A. è ora un marchio
editoriale del Gruppo Mondadori, media
company con più di cinquanta società dislocate tra Italia e Francia, di cui
fanno parte Giulio Einaudi editore, Sperling & Kupfer, Piemme, Electa,
Mondadori Education, e da aprile 2016 RCS Libri, oggi Rizzoli Libri Spa. Della
storia di Arnoldo Mondadori allora cosa resta?
L’attività editoriale di
Arnoldo continua sotto un altro cognome, perché è il ramo Formenton della
famiglia a portarla avanti. Due dei figli di Cristina, Luca e Mattia, hanno
infatti rilevato quello che era stato il marchio editoriale dello zio Alberto,
il Saggiatore, proseguendo così altrove la tradizione di famiglia.
Bibliografia
Mascheroni, Luca, «Il Giornale», 11 Febbraio 2007: http://www.ilgiornale.it/news/pap-mondadori-vita-romanzo.html.
Mondadori, Cristina, Le mie famiglie,
«Tascabili Bompiani», Bompiani, Milano 2007.
Sito Gruppo Mondadori, Sezione «Chi siamo/La nostra storia»: http://www.mondadori.it/chi-siamo/la-nostra-storia/anno-1965;
–
Sezione «Chi siamo/Overview», dati 2015:
http://www.mondadori.it/chi-siamo/overview.