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giovedì 26 marzo 2020

Rilancio un mio articolo pubblicato su www.acquabuona.it


 Partecipare alla seduta di assemblaggio delle cuvée in una cantina dello Champagne è un buon motivo per farci gli oltre 1000 km che ci separano dal famoso territorio delle bollicine francesi. Anche quest’anno dunque, assieme a un amico, abbiamo intrapreso il viaggio che ci ha portati a Chavot- Coucourt, nella Côte des Blancs, non molto lontano da Épernay. La maison che ci accoglie è quella degli amici Vincent e Natalie, proprietari di Diogène Tissier. Realtà familiare che si estende su 8 ettari, viticoltori indipendenti, producono un’ampia gamma di Champagne con uve provenienti non solo da Chavot ma anche dalla zona di Verzy, dalla Montagna di Reims e dalla Côte de Sézanne........









http://www.acquabuona.it/2020/03/breve-visita-in-champagne-e-alsazia/

mercoledì 25 marzo 2020

Due parole sui vini rosati


Negli ultimi anni, dopo un lungo periodo di quasi estinzione , almeno in Italia, si sta assistendo alla rivalutazione dei vini rosati sia come vini fermi che come spumanti.
Si sa i gusti cambiano e così si apprezzano tipologie di vini che in passato erano molto meno apprezzati e viceversa. La nostra piccola dissertazione verterà sulla sua produzione e sulle tipologie ammesse dalla normativa.


Se qualcuno di voi ha dimestichezza con i vini francesi rosati può capitare di avere due tipologie principali  : quelli da elaborazione diretta delle uve rosse e quelli da taglio.

In effetti alcuni dei vini rosati francesi e molti degli spumanti, sono prodotti con una base di vino bianco e una piccola percentuale di vino rosso aggiunto. In Italia questo procedimento di norma  è ammesso (se non previsto dai disciplinari di produzione) come per esempio l'IGT Toscana dove è possibile effettuare un taglio di vino rosso con una base di vino bianco per ottenere un vino rosato.
Negli altri casi si parte dalle uve, procedendo in maniera differente, in funzione del tipo di vitigno e del risultato che vogliamo ottenere.
Quindi abbiamo tre fondamentali tipologie  i vini rosati da taglio , quelli da pressa e quelli da salasso.





Partiamo da rosati di pressa; si tratta in genere di rosati derivanti da uve già quasi al completo grado di maturazione o con una capacità colorante intensa che non consente la macerazione delle uve  per eccessiva colorazione del mosto di risulta.

In questo caso si procede come per i vini bianchi ovvero si può decidere di diraspare o meno le uve e successivamente pigiarle in pressa. Il mosto che ne uscirà sarà rosato naturalmente e conterrà, se la varietà che utilizziamo li possiede, aromi di frutta caratteristici del vitigno che possono essere in genere terpenici o tiolici. Si dovrà evitare accuratamente di pressare troppo per non far passare troppi antociani e tannini nel mosto e sopratutto molto potassio che apposta instabilità tartarica, dato che i vini rosati sono conservati alla stessa temperatura dei vini bianchi.
Successivamente si procede con protocolli di fermentazione che tengano conto della protezione dall'ossidazione degli antociani e della loro stabilizzazione per consentire dei avere un colore brillante  e stabile nel tempo.
Per i vini rosati da macerazione, che in genere sono prodotti con uve meno colorate o più acerbe, si procede con una macerazione prefermentativa in pressa o in vasca che può durare dalle 6 alle 20 ore  a seconda delle variabili sopra descritte. In questo caso è essenziale proteggere le uve ( diraspate o no) dall'ossidazione quindi possono essere utilizzati gas inerti per impedire l'attività dell'ossigeno che potrebbe portare a problemi chimici e microbiologici: i gas utilizzati sono sopratutto anidride carbonica o azoto.
Anche in  questo caso dopo la macerazione si procede allo sgrondo delle uve che possono essere anche pressate se necessario.
L'ultima metodologia di produzione dei vini rosati prevede la tecnica del salasso. In questo metodo  si procede come per un vino rosso, pigiadiraspando e portando le uve in vasca ma a poche ore dal riempimento del contenitore si toglie il mosto in toto o solo in parte. Questo dipende dal fatto se il rosato è l'unico prodotto dell'uva o il salasso serve principalmente a migliorare la concentrazione del vino rosso aumentando il rapporto tra bucce  e mosto rimasto.

Naturalmente i vini che otterremo dai diversi protocolli avranno caratteristiche differenti, in particolare il profilo aromatico e la gradazione alcolica potrebbero essere molto differenti tra vini  rosati da salasso e vini da macerazione.
Molto simili in genere, sono le procedure di fermentazione, che  dovrebbero portare ad avere dei vini rosati fruttati sia per l'apporto della varietà che per gli aromi fermentativi visto che in genere le fermentazioni avvengono a temperatura controllata abbastanza contenuta.


D'altro canto il vino rosato  dovrebbe portare con se  il ricordo delle uve di origine con particolare riferimento ai frutti rossi, e la freschezza dei vini bianchi. Un bel connubio che se ben riuscito giustifica pienamente la sua  rivalutazione.

Lamberto Tosi

Immagini tratte da Toscana Media e Loscaffaeldelvino.com

mercoledì 18 marzo 2020

Per rimanere in contatto - L'attacco dei cloni

Buongiorno a tutti,
per rimanere in contatto e per scambiarci un pò di idee in questo tempo sospeso, vi propongo da questo blog una serie di piccole riflessioni tecniche  sul vino e il suo mondo, cosa che sicuramente so fare meglio che commentare libri, che spero sia possibile riprendere al più presto.
Premetto che le considerazioni che farò e le affermazioni non sono di livello accademico ma più colloquiale, e mi perdoneranno i colleghi se il mio rigore scientifico avrà delle falle, ma come sempre, si semplifica senza stravolgere la verità, almeno questo è il mio proposito.
Vi propongo quindi una prima riflessione sulla selezione dei vitigni.

L'attacco dei cloni


In primo luogo bisogna chiarire che tutte le viti ammesse a ad oggi alla produzione di vini doc e docg, (DOP) secondo la nuova denominazione europea, sono di una unica specie la Vitis vinifera.
Dunque le varietà per  differenti che siano sono "sorelle" ( o fratelli ) fra loro. La prova classica della appartenenza ad una unica specie la da la fertilità della progenie:  si può sempre ottenere un figlio fertile dall'incrocio di due varietà di viti della specie V. vinifera.
Detto questo come si procede alla selezione di nuovi cloni e nuove varietà?
In genere esistono due fonti dove attingere per questi lavori: la natura e l'induzione umana.
La natura di per sé seleziona e spinge gli  organismi viventi a selezionarsi o meglio a diversificarsi, le condizioni ambientali selezionano queste diversità in maniera da favorire quelle che si adattano meglio a loro.
Ecco dunque che negli ambienti più disparati dove vive la vite si possono sviluppare nuove varietà che si adattano meglio all'ambiente circostante. Su questa base si innesta il lavoro dell'uomo che ha i suoi obbiettivi , che in molti casi non sono quelli della V. vinifera.
La strategia ottimale per una pianta, che non può muoversi e che però ha come obiettivo la sopravvivenza della specie, è quello di ottimizzare la diffusione dei semi. Produrre frutti appetibili dagli uccelli , nel maggior numero possibile , in modo che i semi contenuti dentro le bacche, transitino indenni nell'intestino degli animali e possano allontanarsi dalla pianta madre quanto gli uccelli possono volare . In questa ottica maggiore è il numero delle bacche prodotte e disposte in zone più possibile esposte per facilitare la predazione. Consideriamo poi la qualità dei semi; la tanto studiata componente tannica dei vinaccioli e la loro copertura con stati di cera, altro non hanno che la funzione di garantire un transito  dei semi , indenni dall'apparato digestivo degli uccelli o altri predatori.
Ma l'uomo chiede alla vite altre cose; profumi, molto succo, zuccheri e serbevolezza del vino. E quindi inizia a scegliere, selezionare le viti selvatiche in funzione di questi parametri fino a distinguerle in varietà che si localizzano in certi areali dove, nel periodo in cui sono state selezionate, si adattano meglio.
L'altra fonte di variabilità è l'opera dell'uomo sul genoma della vite.
Oggi possiamo intervenire in maniera chirurgica sul DNA della vite con sistemi di sostituzione di frammenti  che stanno dando risultati importanti nella nascita di varietà resistenti, ma già con l'incrocio si sono avuti grandi innovazioni nel panorama ampelografico: varietà come il Muller Thurgau, l' Incrocio manzoni, Baco A 22( famoso perché utilizzato nella produzione dell'Armagnac), l'Albarossa, Ervi, Alicante Bouschet, ecc. hanno contribuito alla diffusione delle possibilità di vinificazione e produzione.
Alcuni cloni di sangiovese

In questo lavoro di selezione si porta poi la distinzione all'interno delle varietà con il concetto di clone. Di tutti i sangiovesi per esempio, si inizia distinguere quelli che per migliori caratteristiche qualitative si differenziano, magari, in un appezzamento  di tutto sangiovese e nasce la cosiddetta "selezione massale" ovvero si applica alla varietà lo stesso concetto espresso prima per la specie. Anche qui sono possibile due vie: la seleziona da fonti naturali e quella attraverso incrocio intravarietale.
Come si comprende dal nome il clone viene riprodotto per via agamica, come succede oramai anche per le varietà , per consentire ai produttori che impiantano un vigneto di avere in campo proprio la varietà che desiderano e naturalmente un determinato clone. Ovvero dal punto di vista genetico un determinato clone di sangiovese dovrebbe dare origine ad esemplari tutti identici dato che il patrimonio genetico è lo stesso. Sono  come si dice propriamente CLONI.
Oggigiorno c'è un ampio dibattito su questa ricerca dei cloni in viticoltura per motivi legati alla presunta possibilità di questi cloni di non poter resistere ad eventuali nuove malattie essendo messa a rischio la biodiversità.
In linea di principio il concetto è sicuramente valido ma esso sarebbe molto più stringente,  se si trattasse di coltivare la vite in un ambiente naturale. Di per se l'agricoltura  è un ecosistema molto semplificato dove alcuni concetti generali rischiamo di perdere molta della loro forza, dato che si annullano certi meccanismi di auto selezione; prova ne sia che durante l'ottocento e i primi del novecento, quando abbiamo subito l'invasione delle principali malattie della vite prima sconosciute in Europa ( fillossera, Peronospora e Oidio),  la biodiversità, che pure esisteva (non essendo diffusa la selezione clonale ed essendo i vigneti certamente più promiscui di oggi) , non ha salvato le nostre viti dalla necessità di trattamenti e di reinnesti. Ma come dicevo in precedenza l'obiettivo della vite come specie non è certo quello dell'uomo e non avremmo i meravigliosi vitigni che abbiamo,  che ci donano le amplissime varietà di vini della nostra viticoltura moderna se non avessimo avuto questo attento e continuo lavoro di selezione dell'uomo.

Lamberto Tosi


lunedì 9 marzo 2020

Annullamento evento del 21 marzo.

In ottemperanza al decreto governativo del 8 marzo annulliamo il primo incontro del nono ciclo di Un Vino ... un Libro.  Credo che comprenderete la nostra decisione. Vi terremo informati per le successive date.
Lamberto Tosi