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domenica 27 ottobre 2019

Quanto conta il giudizio degli altri ? un approccio critico alla degustazione.

blind
 


Negli anni 50, e precisamente nel 1951, lo psicologo sociale Salomon Asch condusse una serie di esperimenti volti a evidenziare  comportamenti conformisti sotto la pressione di un gruppo di persone ( rif. qui)
L'esperimento  consisteva in nel verificare se essere inseriti in un gruppo di persone che dichiarano la propria opinione modifica le nostre azioni ed, in una certa misura, le nostre percezioni.
L'esperimento consisteva in un semplice esercizio di discriminazione sensoriale ovvero si  mostravano tavole con disegnati  4 segmenti  di dimensioni diverse di cui 2 uguali e bisognava indicare quali erano effettivamente uguali. Il tutto però avveniva in un gruppo di persone da 8 a 10 di cui solo uno era ignaro del test,  mentre gli altri erano"complici" dello sperimentatore e dopo aver ascoltato le risposte degli altri.
Come vediamo dal video qui sotto i risultati sono sorprendenti.

Come risulta dal video  anche una cosa " oggettiva" come la lunghezza di un segmento può essere distorta dalla pressione del gruppo a cui si appartiene,  anche solo per un breve periodo.
Ma cosa c'entra questo con al degustazione?
Vediamo in dettaglio.
La degustazione, non l'analisi sensoriale, è un fenomeno essenzialmente di gruppo. Le stesse commissioni di assaggio delle varie guide o testate giornalistiche sono più o meno fisse. Si formano gruppi di assaggio stabili che si incontrano regolarmente quindi siamo in una dinamica di gruppo.
Molti poi sono gli scambi di opinione tra i curatori di queste selezioni con continue considerazioni entusiastiche o negative che i partecipanti si scambiano venendo a formare questo ambiente molto simile a quello dell'esperimento. Ma quale è allora la "cavia" del gruppo? La cavia è la capacità di giudizio del singolo.
Nelle sedute di analisi sensoriale e nelle commissioni di degustazione ufficiali oltre a non conoscere i campioni è fatto divieto di parlare prima di aver espresso ufficialmente il proprio giudizio ; questo per evitare questo fenomeno di condizionamento. Nelle situazioni normali  il fenomeno è tanto potente che Asch lo quantificò al 75% dei test effettuati. Questo perché  il singolo percepisce la differenza ma  la sua opinione è messa in forte dubbio da quella degli altri fino a fargliela cambiare.
Nelle degustazioni , ripeto non nell'analisi sensoriale, questo accade spesso. Vediamo un caso eclatante degli ultimi anni. Alla base della mia formazione enologica ci sono studi effettuati in Francia e in Italia in centri enologici di livello mondiale ( Bordeaux), ed in questi corsi sui difetti del vino uno degli odori classificati come difetto ossidativo è sempre stato il sotolone https://www.lucianopignataro.it/a/linvecchiamento-ossidativo-precoce-dei-vini-bianchi/20399/
.
Ora nella produzione di vini macerati proprio per le ragioni espresse nell'articolo citato, il contenuto di sotolone è molte volte tanto elevato da superare la soglia di percezione, ma regolarmente nelle degustazioni dei vari vini in questione tale difetto non viene più citato. La sensazione viene riconosciuta ma poiché il gruppo è incline a non considerarla come un difetto, nessuno ha il coraggio di esprimere correttamente la propria opinione. Di più cambierà il proprio giudizio considerandolo corretto e caratteristico.
E' chiaro che queste variazioni di giudizio nascono attraverso fenomeni di contaminazione del gusto che tendono a spingere ora a verso un tipo, domani verso un altro tipo, il gusto del consumatore, ma quello che fa più sensazione è che tale  contaminazione sia inconscia anche in quelli che si ritengono esperti del settore.
Si sa le opinioni cambiano, ma la capacità sensoriale dovrebbe essere meno volatile, per restare in tema,.. Vi invito a leggere gli articoli qui sotto per farvene un'idea.

http://vino.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/05/05/l%E2%80%99innominabile/

https://youmanist.it/categories/foodwine/mode-vino-omologazione

Lamberto Tosi



giovedì 10 ottobre 2019

33 tesi su The game di Alessandro Baricco

Rilanciamo un interessante articolo sul libro esposto da Francesco parasole nella edizione di un vino un libro di quest'anno.

http://www.minimaetmoralia.it/wp/33-tesi-the-game-alessandro-baricco/
Con imperdonabile ritardo pubblico le info inviatemi dalla Scuola Carver




venerdì 13 settembre 2019

Il menù della serata.

Come di consueto pubblichiamo il menù della serata con i vini in abbinamento. Vi aspettiamo!!



giovedì 5 settembre 2019

L'uomo con tre Mani e i Vini de Il Bardellino

Un incontro particolare quello che chiude la stagione 2019 di un Vino Un Libro.


Sabato 14 settembre avremo con noi la Professoressa Anna Berti

(Piu info qui https://dott-neuroscienze.campusnet.unito.it/do/docenti.pl/Alias?annamaria.berti#profilo)

Che ci parlerà del suo ultimo libro "L'uomo con tre mani"  scritto insieme a Francesca Garbarini.
 

Sinossi del libro "Nell’esperienza di ciascuno di noi niente è più sicuro del nostro corpo. Ma è davvero tutto certo e scontato, quando si parla di corpo? La neuropsicologia ci dice che quello che sembra ovvio non lo è affatto. Attraverso storie di persone, il libro ci accompagna nei meandri straordinari e a volte bizzarri della consapevolezza corporea e alle radici della nostra identità, per scoprire che a volte attribuiamo al nostro corpo parti di corpi altrui, mentre altre volte non riconosciamo parti del nostro corpo come nostre, le attribuiamo ad altri o le rifiutiamo, al punto da essere attirati da persone che non le possiedono.


Per la parte enologica sarà con noi Andrea Miglioli proprietario dell'azienda Il Bardellino di Soliera in Lunigiana, che presenterà i suoi vini freschi e longevi.


 L'incontro ad ingresso gratuito inizierà come sempre alle 18,00, e si articolerà sulla presentazione del libro e dei vini. Seguirà la cena con l'autrice e il produttore.
 


Il tutto si terrà come sempre la Ristorante Antico ULIVETO di Pozzi di Seravezza.

venerdì 19 luglio 2019

Un incontro a Livorno

Lunedì verrà presentato a Livorno un Volume della professoressa Anna Berti che sarà ospite prossimamente di un Vino un Libro.
https://www.deepfestival.it/luomocontremani/

venerdì 12 luglio 2019

Necrologio di Giedra Radvilavičiūtė


Necrologio


Partirò da una comunicazione che vi riguarda più o meno tutti: spegnete i cellulari per una ventina di minuti. La cena funebre si terrà al ristorante kebab “Interpol”. Se c’è qualche forestiero che intende unirsi, sicuramente saprà trovarci seguendo l’odore.
Carissimi... in questa domenica per tutti così piena di impegni, potremmo senz’altro accompagnare la cara salma all’altro mondo – quel mondo che per ora ci resta ignoto – in maniera consueta: con decine di frasi fatte, badando di non infrangere le regole di questo mesto genere letterario e della tradizione da noi consolidata. Ci risparmieremmo un gran chiacchiericcio alle spalle dicendo: resterà viva per lungo tempo nei cuori di chi l’ha conosciuta, d’ora innanzi ci unirà la dolce tristezza del ricordo, che riposi in pace... o qualcosa di simile. Ma non ho mai sopportato, esattamente come lei, gli stereotipi e le verità indiscutibili. Questa poi, che “dei morti niente si dica se non il bene”, mi manda su tutte le furie. Mi sento in diritto di ricordare la mia più cara amica proprio così come ella fu. Perché? Perché la conoscevo meglio di tutti voi che siete qui, e probabilmente di chiunque altro in Lituania. Sia la sua vicenda biografica, ormai seppellita con lei nella cittadina natale, sia i suoi progetti rimasti incompiuti. Per quanto io fossi singolarmente timida e la mia amica, al contrario, sfrontata, pure qualcosa ci ha accomunate. Infatti quando comparivamo insieme in pubblico, soprattutto in occasioni quali presentazioni, fiere del libro o serate letterarie, succedeva sempre che qualcuno confondesse i nostri volti, i nostri gusti e le nostre opinioni. Ad essere onesti, lei era invecchiata, ingrassata, ingrigita e intristita molto più in fretta di me. Una volta affermò che a invecchiarla non erano gli anni, ma le percezioni. Anch’io ho notato come le persone che conservano più a lungo il loro fascino siano gli infantili, gli esuberanti e gli ottimisti. Quando perdeva un paio di orecchini, la mia amica non se ne comprava mai uno nuovo, io invece correvo subito, l’indomani, a comprarne di ancora più lussuosi, magari di Swarowski. E se, estraendo un rossetto, vedeva che non ne restava che un mozzicone, si rattristava al pensiero che fosse quasi finito. Al contrario, vedendo quello stesso mozzicone a me veniva sempre da pensare che fosse appena iniziato. La mia amica pensava alla morte molto più spesso di me. E anche ai necrologi. Io ho mantenuto fino ad oggi una forma, anzi, delle forme giovanili. Lei portava la protesi ai denti superiori già da cinque anni, io non l’ho messa che l’anno scorso. Anche l’ultimo uomo lo ebbe ormai diversi anni fa – intendo, un uomo che amasse – mentre io ho un compagno proprio qui tra voi... Grazie di essere qui, Artūras.
Come ho già detto, a nessuna delle due è mai piaciuto quando negli elogi funebri o nelle campagne elettorali tutti diventano improvvisamente buoni, belli (specialmente nelle fotografie ingrandite alla svelta per la camera ardente), padri e madri di famiglia praticamente senza macchia, non più depravati e non più alcolizzati, e se proprio bevevano come spugne, beh, lo facevano per qualche motivo giustificabile. Un’opera pia, ad esempio. Un anno fa assistetti ad un encomio funebre nel cimitero di una cittadina, e quasi mi venne paura che quell’ex maestro di scuola media “eternamente giovane anche a 84 anni, energico e solerte, sempre sospinto da nuove idee creative” l’avessimo seppellito ancora vivo. Forse che il modo di dire “resta vivo nei nostri cuori” significa, nella sua accezione più lugubre, proprio questo? Con un tale eufemismo abbiamo forse edulcorato di proposito questo atto compiuto senza la certificazione dei medici? Sono convinta che in tutta questa maledetta fretta generale capita ogni tanto di sotterrare qualcuno senza i dovuti accertamenti. Magari qualche anziano signore addormentatosi dopo pranzo, ben lavato e pettinato – si direbbe di proposito! –, con un giornale sugli occhi, come un tempo si faceva coi libri di preghiere. Vi ricordate?.. Mi pare fosse Marina Cvetaeva a pregare che nessuno avesse fretta di sotterrarla. Che le mettessero uno specchietto davanti alle labbra più e più volte, che fossero ben sicuri che nessun alito vitale invisibile a occhio nudo ne appannasse la superficie. E poi c’è Gogol’ che si rigirò nella bara. O forse fu Marina a rigirarsi e Gogol’ a verificare? Adesso non ricordo. Ma è lo stesso. […]

da Giedra Radvilavičiūtė, Stanotte dormirò dalla parte del muro, Joker Edizioni 2019

domenica 23 giugno 2019

Ringraziamenti per il quarto incontro

Anche il quarto incontro si è concluso con una bella partecipazione di pubblico e simpatica covivialità
Ringraziamo sentitamente  Il professor Zappalà per la sua sempre illuminante relazione, Fausto Peratoner di Maso Grener, per i suoli eccellenti vini e naturalmente il Ristorante Antico Uliveto che ci ospita e la Fisar Versilia.
Al prossimo incontro Fuori programma!




mercoledì 19 giugno 2019

Il menù della serata del 22 giugno prossimo- Saturno e I vini di Maso Grener



 Ecco Il menù della cena che si svolgerà alle ore 20 col relatore Prof. Vincenzo Zappalà e il produttore Fausto Peratoner.   Vi aspettiamo!




 Il quarto incontro di questa edizione ritorna all'Antico Uliveto di Pozzi di Seravezza  con il Prof. Vincenzo Zappalà che ci parlerà de "Il signore degli anelli", un richiamo agli anelli di Saturno



 e con i vini di Maso Grener con Fausto Peratoner enologo e produttore che ci illustrerà l'azienda e i suoi magnifici vini.
Come sempre inizieremo alle ore 18,00 con esposizione e degustazione gratuita e aperta al pubblico, e successiva cena col relatore e  produttore.

venerdì 14 giugno 2019

giovedì 13 giugno 2019

Il 22 Giugno quarto incontro di Un vino ... un libro

Il quarto incontro di questa edizione ritorna all'Antico Uliveto di Pozzi di Seravezza  con il Prof. Vincenzo Zappalà che ci parlerà de "Il signore degli anelli", un richiamo agli anelli di Saturno


 e con i vini di Maso Grener con Fausto Peratoner enologo e produttore che ci illustrerà l'azienda e i suoi magnifici vini.
Come sempre inizieremo alle ore 18,00 con esposizione e degustazione gratuita e aperta al pubblico, e successiva cena col relatore  produttore.


Un evento da non mancare

domenica 2 giugno 2019

Incontro 8 giugno ore 18,00 con menù

Finalmente possiamo dare conferma del prossimo evento di Un vino Un libro.
8 GIUNGO ORE 18,00 PRESSO LA TENUTA MARIANI

 
Un Vino…  Un Libro

Da un’idea di Lamberto Tosi

Ottava Edizione

08 giugno 0re 18,00


 





















La professoressa Norina Fornasier  presenta :
Istrioni e Sirene
di Luciano Federighi ( interverrà l’Autore)
L’incontro  si svolgerà presso le cantine della
Tenuta Mariani
Che proporrà la degustazione di due suoi vini
Stile Segreto e Segreto Bianco
via Pietra a Padule 1881 , Massacciuccoli , Massarosa Lucca
La prestazione e l'aperitivo sono  gratuiti e aperti al pubblico
Seguirà cena a prenotazione e performance Jazz di Luciano Federighi   Info: 3346240890


 Ecco il menù


MENU
Antipasti:

Bruschette di Olio e Pomodoro

su pane cotto a legna di farina di grano antico San Pastore

olive nostrane, formaggi tipici locali
Tagliere di salumi del Triglia di Gombilelli, con
Focaccia cotta a legna di farina di grano antico San Pastore

Stile Segreto Brut Rosè
Lasagnetta di Verdure biologiche
Segreto Bianco Vermentino

Arrosto di Arista

Pinzimonio di verdure biologiche dell’orto
Segreto Brut Metodo Classico e Segreto Rosso Merlot

Dolce e Caffé
Euro 25,00

Vini & Spumanti di Spiaggia della Costa Toscana !!

Tenuta Mariani • Azienda Agricola e Agrituristica •

Tel.334 6240890 • www.segretodelcastello.it • e-mail info@segretodelcastello.it
Cantina e Sala Degustazione: Via Pietra a Padule 1881 • Massaciuccoli • Lucca




domenica 5 maggio 2019

Prossimo incontro alla Tenuta Mariani RIMANDATO!!!!





ATTENZIONE L'INCONTRO è RIMANDATO CAUSA MALTEMPO

ALL'8 GIUGNO PROSSIMO

STESSA SEDE

STESSO ORARIO





Un Vino…  Un Libro

Da un’idea di Lamberto Tosi

Ottava Edizione

18 maggio 2019 Ore 18,00


 




















La professoressa Norina Fornasier  presenta :
Istrioni e Sirene
di Luciano Federighi ( interverrà l’Autore)
L’incontro  si svolgerà presso le cantine della
Tenuta Mariani
Che proporrà la degustazione di due suoi vini
Stile Segreto e Segreto Bianco
via Pietra a Padule 1881 , Massacciuccoli , Massarosa Lucca
L’evento è gratuito e aperto al pubblico
Seguirà cena a prenotazione e performance Jazz di Luciano Federighi   Info: 3346240890


domenica 7 aprile 2019

Il menù della serata de 13 aprile prossimo

L'incontro di sabato prossimo 13 aprile, con inizio alle ore 18,ed a ingresso gratuito, proseguirà poi con la cena sempre al Ristorante Antico Uliveto che ci propone il seguente menù in abbinamento con i vini dell'az. La Maestà di Fosdinovo.
Saranno presenti alla cena Il prof. Paolo Neyroz relatore dell'incontro e il produttore.
Ma ecco il menù


martedì 2 aprile 2019

Il secondo incontro di un vino un libro

Il prossimo 13 aprile sempre al Ristorante Antico Uliveto di Pozzi di Seravezza si terrà il secondro incontro dell'edizione 2019.
In questo incontro il Prof. Paolo Neyroz ci parlerà de " Il sogno del celta" di Mario Vargas Llosa , Premio Nobel per la Letteratura.
Note sul libro:
La vita vera di Roger Casement è materia da romanzo. Irlandese, nato nel 1864, si trovò a indagare sugli orrori del colonialismo, seguendo la scia di sangue e denaro proveniente dall'affare planetario tra Otto e Novecento, la raccolta del lattice per la produzione del caucciù. Il Congo belga di Leopoldo II e la foresta amazzonica tra Perù, Colombia e Brasile sono i due scenari in cui Casement esercita il suo ruolo di osservatore, su incarico del governo inglese, e le condizioni d'incredibile sfruttamento in cui vede costrette le popolazioni indigene lo convincono della necessità di una lotta senza quartiere contro i massacri dei colonialisti, contro le prevaricazioni dell'uomo sull'uomo. L'esperienza di quello che fu il primo olocausto della storia moderna inciderà sulla coscienza del protagonista, contribuendo al radicalizzarsi della sua passione per la terra d'origine, l'Irlanda, nella lotta contro l'Inghilterra. Mentre tentava di trovare il sostegno della Germania in chiave anti-inglese per gli insorti irlandesi, sarà arrestato nel 1916 e, sfruttando le fantasticherie omosessuali scritte nei suoi Black Diaries, sarà oggetto di una campagna di discredito che lo condurrà al patibolo, malgrado fossero dalla sua parte Arthur Conan-Doyle, William Butler Yeats e Gorge Bernard Shaw. Ha detto Mario Vargas Llosa: "Gli eroi non sono statue, non sono esseri perfetti". E il personaggio Casement è certo un eroe ma è altresì uomo di contraddizioni.



Sarà l'azienda la Maestà di Fosdinovo con i sui vini a rappresentare la parte enologica di questo incontro.
Info sull'azienda:
http://www.voceapuana.com/massa-carrara/cultura-e-spettacolo/quando-il-vermentino-viene-premiato-on-line-17663.aspx


Come di consueto inizio alle ore 18,00  e a seguire cena con il relatore e il produttore.
Vi aspettiamo.

sabato 23 marzo 2019

Una certa idea di Baricco


Come di consueto, per chi, sfortunato lui, non ha potuto assistere alla conferenza del Dott. Francesco Parasole , riportiamo la relazione per esteso.
Buona lettura!








Una certa idea di Baricco...
Storia dell'oltremondo in un libro analogico
con pretese digitali
“THE GAME”
(Einaudi 2018)

Soglie per chi non ha voglia di leggerlo tutto (il libro del Divino o questa noterella recensoria):
Un'esperienza piuttosto reale a parte di non esserlo affatto
(la trovate a una pagina che non trovo più e ridiscussa a p. 91).

«Molte persone provano a cambiare la natura degli umani,
ma è davvero una perdita di tempo. Non puoi cambiare la natura
degli umani; quello che puoi fare è cambiare gli strumenti che usano,
cambiare le tecniche. Allora cambierà la civiltà»
(frase di Stewart Brand, vero Guru della rivoluzione digitale,
la trovate a p. 108 – Commentari all'epoca classica).

Perché misterioso è l'incrociarsi delle civiltà, quando accade.
E ingiudicabile il passo sghembo dell'intelligenza degli umani
(la trovate a p. 133 – La colonizzazione
bella, tonda, senza alcun difetto).

Si parla già di trilogia, e Baricco si intende anche di marketing: Next. Piccolo libro sulla globalizzazione e il mondo che verrà (Feltrinelli 2001, rist. 2015), I Barbari. Saggio sulla mutazione (Feltrinelli 2006, rist. 2013), THE GAME (Einaudi, 2018).

Nell'edizione di un Vino...e un libro del 2013 mi provai a parlarvi su I Barbari, spulciando il nostro Blog ritrovate il testo dal titolo “L'invasione dei Mutanti – Eroi non tragici e gesti citabili”. A distanza di sei anni, pur nel risottoscrivere la sostanza dell'intervento, ne cambierei la seconda parte del titolo: “Eroi inconsapevolmente tragici in gesti citabili”; ma forse metterei anche in discussione il termine “eroi”; le parole dovrebbero ancora avere un peso.
Può sembrare paradossale, lo so, ma un di più di pessimismo storico-esistenziale, che dopo sei anni ci può anche stare, mi impone queste variazioni. All'epoca ci interessammo, fra l'altro, del discorso sul “vino standardizzato”, un vino senza sorprese ma anche senza anima. Del resto Baricco è consonante a barrique, con il portato di affinamento e raffinatezza che nell'immaginario palatale ne consegue, per chi (lo) beve e lo legge.

Fateci caso, quando si parla di un nuovo libro di Baricco si finisce per parlare sempre e quasi solo di Baricco come “personaggio”, e il piano inclinato per questo facile scivolo ce lo dà lo stile, affabulante, gigionesco, un po' ruffiano e, a tratti, presuntuosetto, come quei vini godibili proprio perché senza personalità, senza anima. Quei vini che vogliono piacere a tutti (ma proprio a tutti!).
Baricco, secondo voi, sa di essere una griffe, o addirittura (scegliete voi) un brand? … Lo sa, lo sa ... Ed è questa consapevolezza troppo vertiginosa a lasciarmi sempre un retrogusto di antipatia, anche quando mi dice il vero, anche quando mi racconta cose giuste e mi narra storie interessanti. Anche quando, come in queso caso, si prova da par suo a convincerti che hai torto, ma sotto sotto la pensa come te e vive brillantemente dissimulata da par suo la stessa inquietudine, lo stesso «sgomento». Comunque questa volta vorrei evitare di parlare dell'autore performer e limitarmi al libro. Ma sarà dura.

Al libro, si diceva, e ai suoi dintorni, quello che gli addetti ai lavori chiamano il “paratesto”. Il libro si presenta, anzi è uno schermo di computer, nero nero con una sfera piccola piccola al centro (il pianeta Terra, di lieve trascurabile opalescenza), conseguentemente, immagino, le nostre mani sono il mouse, i capitoli, i paragrafi e i sottoparagrafi sono finestre, cartelle, links; ach! manca il “cestino” (ma del Verbo di Baricco non si butta via nulla!).
Il nome dell'autore in bianco sparato e il titolo in rosso vivo saranno, e la liquido così, per mettere in leggibile risalto solo l'informazione che danno, dopo tutto quel nero e la pallina di cui sopra. Ma penso anche, per il rosso sangue e il nero, ai colori dell'anarchia.

La terminologia usata è quella informatica, l'invito totalmente esplicito è quello a usare il testo come un ipertesto e a farne una lettura tipo Wikipedia o come in una navigazione in rete. Del resto, “consultare” è ormai forma desueta di “navigare”, come potrebbe dirci un arcaico dizionario con velleità mal riposte di aggiornamento. Insomma, THE GAME vuole giocosamente essere mimesi di un PC, in sole 330 pagine circa, illustrazioni cartografiche, ringraziamenti e indice analitico compresi. Anzi no, mi correggo, non un PC; questo libro, ormai nobile reperto decaduto (un «fossile»), si presenta, a sfogliarlo, come un videogame. Un videogame che ci parla di se stesso. Un meta-videogame, direbbero a questo punto i soliti addetti ai lavori. E allora rilevo che l'esperimento si “configura” come un'operazione barbara dal cuore novecentesco. Baricco è anche allitterante con “barbaro”. Ma a questo punto non ci resta che giocare.

Vi è una sezione A, titolata Username e Password (evidentemente Baricco dà per scontato che ci siamo già registrati), la schermata principale per dire, e si entra; poi ecco la sezione B, Play e quindi si inizia a giocare. C'è quindi la Storia, il racconto di questo Gioco, con capitoli tradizionali ma diacriticamente infarciti da freccette, box, riassuntini denominati screenshot, postille, sequenze in maiuscolo (evidenti agevolazioni del “programmatore” per farci capire cosa si deve tenere a mente come fondamentale), un uso imponente di parentesi quadre al posto di quelle tonde e altre possibilità di fruizione-guidata della pagina-schermo. La sezione C Maps è quella delle mappe, della cartografia geologica del fenomeno e infine la sezione D è il Level Up, l'estrema frontiera (sicuramente non l'ultima), per «solutori più che abili», come direbbero quelli della Settimana enigmistica. Una sintesi in 25 punti (invece di tutto il libro potete leggervi solo il Level Up, se avete nervi saldi, indomito intelletto e accettate l'idea che anche Baricco possa mettersi, sacrilegamente, felicemente in discussione).

Si discostano, da questa nomenclatura, i capitoli detti Commentari a...alla fine di ogni sezione, quelli più originali e interessanti (insieme al Level Up epitomico e inquieto di cui sopra). Commentari a...dove l'autore da fare lo splendido passa a una sincerità, sempre controllata certo, che quasi ci commuove e ci affratella. Nell'ordine: Commentari all'epoca classica, Commentari all'epoca della colonizzazione e Commentari all'epoca del Game.

A me poi, dinosauro dell'era analogica, Commentario suona piacevolmente arcaico (libresco) e anche all'autore che però lo definisce più disinvoltamente «vintage»; e mi ricorda Giulio Cesare, i suoi Commentarii sulla Guerra Gallica e su quella Civile (Commentarium de bello gallico e Commentarium de bello civile); mi ricorda che il “commentario” è diario, memoria storica personale di eventi degni di nota redatta dal loro protagonista (magari in terza persona, proprio come fa Cesare); e per associazione penso che per i romani quando si parlava di Historia s'intendeva la “cronaca” di fatti contemporanei a chi li aveva visti, vissuti e raccontati, mentre l'opera storiografica propriamente detta – il racconto dei fatti antichi – erano gli Annales, che nel loro nome denunciano la scansione del tempo adottata e l'ineluttabilità dell'archivio. In questa opera-videogioco Baricco si fa (hi-)storico dell'Era Digitale, un po' alla Tacito, ma senza la potenza dello storico romano, né il rischio di una proscrizione imperiale.

Nonostante il libro-videogame Baricco ibridamente, o in maniera meticcia, struttura The Game come un manuale di storia (volume unico) dal 1978 al 2016 con incursioni fino al 2018 (proprio mentre lo scrive, il manuale appunto): l'epoca classica (che sono gli inizi), la colonizzazione e il gioco finale, la contemporaneità di tutti i post, dai post-it alla post-esperienza e alla post-verità, al post-post infinito (quest'ultimo però non lo trovate, ce l'ho messo io perché mi suonava bene).

Come in tutti i manuali di storia ci sono i nomi, soliti, dei protagonisti della rivoluzione digitale/virtuale, alcuni noti (tipo Steve Jobs), altri meno noti (tipo Stewart Brand o Tim Berners-Lee). Si precisa poi che esiste una folla anonima di ingegneri, solo quasi tutti ingegneri, maschi, bianchi. Si registra un'unica donna, Caterina Fake (facendo ironia sul cognome), che la dice lunga sul maschilismo anche del mondo digitale. Ma è la diffusa, sostanziale anonimia di questi haker che mi preoccupa. Che siano buoni o cattivi, nerd o spietati uomini d'affari della rete.
Io, ad esempio, ho un caro amico haker (lo giuro!), che vive in un borgo medievale dell'aretino (giuro anche su questo!), si occupa di sicurezza informatica, è misticamente afflitto dall'overflow (traboccamento) di informazioni nei sistemi (che per me è arabo!), vive come un templare nell'oltremondo, di cui è uno dei custodi sparsi per il mondo vero, e riesce ancora a essere ottimista. E' un genio, ma non credo che “passerà alla storia”. Come Baricco. Ottimista, intendo, non templare o genio, ovvio.

A una prima lettura di THE GAME avevo concluso che quello che «affascina» (sic!) Baricco, a me mi angoscia. Poi, riflettendoci su, ho concluso che sotto questa fascinazione dichiarata si nasconde (con emergenze notevoli nei Commentari e nei soliti 25 punti riassuntivi del Level Up) la stessa mia angoscia, il novecentesco cuore pulsante di Baricco. Nonostante tutto. Tiè!        

Su lingua e stile che dire, è lui nei suoi migliori travestimenti. Impiega reiteratamente parole chiave anche in coppie oppositive: “novecentesco” (che sta per tutto quello che viene prima della rivoluzione/insurrezione digitale, in pratica dall'anno 0 al 1960 circa) vs Era Digitale; “gesto” (lento, immobile e quindi “novecentesco”) vs “movimento” (Era Digitale). E poi gli piacciono parole come “traiettoria”,  “mappa”, “cartografia”, come quella degli Atlanti Storici che non usano più: disegnata per aggiunte progressive, dalla Pangea (“novecentesca”) alla deriva dei continenti e alla formazione dei sistemi montuosi. Qui lui parla di vertebre, corrugamenti, sistemi montuosi e fossili dell'Era Digitale (che va scritta con la maiuscola, tipo Cenozoico). Parla di «vibrazione» etica-estetica (esistenziale?) della realtà antica, dicendola assente nel mondo digitale, per poi recuperarla questa «vibrazione» anche per l'oltremondo. Segue i suoi pensieri, si contraddice (volutamente e lo ammette), ci rende partecipi del travaglio analitico e al contempo sintetico che compie per farci comprendere la rivoluzione non più in atto ma compiuta. Poi, in uno sbocco di umiltà-sincerità, ammette che questo suo peregrinare barbaro e saccente in realtà serve anche a lui per capire, per comprendere ciò che è successo e sta succedendo. E allora è ridondante, si ripete, ci gira intorno alle cose, ai fenomeni. Ma questa ridondanza è pensiero nel suo farsi, è pensiero nel suo processo compositivo, sono ripetizioni non sterili, ma aggressioni soft da più versanti di una catena montuosa apparentemente semplice, ma in realtà complessa. Sono quelle ripetizioni/variazioni sul tema che si chiamano “punti di vista” e che fanno letteratura. Quel miracolo per cui la stessa storia, magari una storia di sempre, a seconda di come la racconti può essere una cagata (come direbbe Lui) o un'opera d'arte.

Dai binomi oppositivi si passa poi a sostituzioni trinonimiche: uomo-spada-cavallo sostituito da uomo-tastiera-schermo, passando per calciobalilla-flipper-videogame (ma siamo già oltre, ci rivela il Nostro). In questa rapida conversione trinitaria se ne saltano alcune di sequenze che si danno per scontate (che so, manoscritto-libro tipografico-libro digitale, e via dicendo). E si ritorna a un altro binomio, questa volta non oppositivo ma estensivo quello di una «umanità aumentata»: uomo-smartphone o se preferite uomo-IPod, immerso totalmente nelle App. Immerso completamente nel suo ossimorico «individualismo di massa». Sintesi, questa, di posture e conseguenti atteggiamenti mentali indubbiamente efficaci per spiegare la rivoluzione antropologica che stiamo vivendo.    

Ma attenzione: così come nel libro si dice che non esistono più le vecchie latterie, ma solo citazioni delle vecchie latterie, e che nel Game in cui viviamo «un'esperienza (risulta) piuttosto reale a parte di non esserlo affatto», così non crediate che questo stile sia il risultato di un'esultante spontaneità. Baricco è controllatissimo, consapevolissimo di ciò che scrive e di come lo scrive. E' la sua sublime «sprezzatura», così come descritta e praticata da Baldassar Castiglione nel suo capolavoro di inizi XVI sec. Il Cortegiano.

Ma spoileriamo un po' velocemente: The Game ci racconta che dopo le atrocità del novecento, una nuova generazione (anni '60) decise di ribellarsi e fuggire da queste atrocità, dalla civiltà che le aveva causate e dall'élite che le avevano guidate. La fuga prese tre vie con queste proporzioni statistiche: su 10 fuggiaschi, 5 erano hippies, 3 manifestanti contro la guerra del Vietnam e 2 programmatori di computer, ragazzotti californiani o giù di lì. Alla lunga (di non tanto in fondo) vinsero quest'ultimi e il mondo analogico fu trasformato in mondo digitale, leggero, libero, veloce, superficiale, senza mediatori – che Baricco chiama «sacerdoti» – senza élite...con l'ossessione del movimento, l'idea del gioco come unica possibilità oltre che di fuga, di riscatto. Un'operazione carsica e ineluttabile di giovani ingegneri (maschi, bianchi, californiani – l'ho già detto ma ribadisco) anarchici votati a liberare il mondo divertendosi (magari).

L'autore, spendendo pagine e pagine, vuole convincerci (e vuole convincersi) che i 2 programmatori (si sta parlando di un dato statistico, ricordo) avevano una consapevolezza per così dire ideologica della rivoluzione che si accingevano a realizzare. Tutta questa consapevolezza io non la vedo, francamente. E Baricco non riesce a persuadermi fino in fondo e forse non riesce a persuadere nemmeno se stesso. Si leggano bene i Commentari.
Passo passo si seguono gli sviluppi, aiutati dai disegnini. Dai «marzianini» di Space Invaders (1978) a Google, Amazon, Facebook...alle App...epeirogenesi, formazione di continenti. Baricco è più modesto: parla di corrugamenti e formazioni montuose veloci, silenti, ineluttabili e pervasive.

Ci sono due assunti fondamentali da tener presente perché degni di nota e che potremmo definire 2 “rovesciamenti”:

a) Il rovesciamento dell'impostazione tradizionale che si è sempre data alle analisi delle grandi trasformazioni tecnologiche. Baricco ci invita a non chiederci che tipo di trasformazione/mutazione delle menti hanno creato o stanno creando gli sviluppi della tecnologia (tipo negli anni '60 Marshall McLuhan, della Galassia Gutenberg e del Villaggio globale), ma a chiederci che tipo di mente, chi era quella mente che ha creato la tecnologia digitale. Ci invita a domandarci chi è il barbaro responsabile. E per lui, barbaro è termine sicuramente positivo. Ma cui prodest? (questo primo rovesciamento, dico)

b) Il secondo “rovesciamento” che Baricco ci chiede di fare è quello della matafora dell'iceberg. In realtà più che un rovesciamento in questo caso si tratta di un ripensamento e di un riposizionamento di questa metafora. La questione ha a che fare con la coppia semplicità – complessità. La civiltà analogica era un Iceberg rovesciato: la sua superficie era dunque pesante, elefantiaca, complessa, necessitava di mediatori esperti che, identificando il terreno buono, scavassero per raggiungere e offrire ai popoli la sintesi e l'interpretazione unitaria di questa complessità. Il lavoro era lungo, lento, faticoso e raggiungere il senso implicava dedizione e sacrificio.
La civiltà digitale ri-rovescia l'iceberg (sembrerebbe il massimo della naturalezza): affonda la complessità, appannaggio dei “risolutori più che abili”, e lascia solo alla vista la punta lucente, snella e levigata, pronta al facile uso. Lascia ai popoli la sintesi di un “gioco” (The Game), quindi un non-lavoro breve, veloce, leggero e divertente, il senso facilmente fruibile in un tocco del  touch screen. Questo gesto Baricco lo chiama «carezzar farfalle».

L'autore non è così ingenuo da non riconoscere che dietro questa operazione un'élite (sommersa e inquietante) si è sostituità all'élite “novecentesca”. Ma apparentemente minimizza. Vuole minimizzare. Mentre io, invece, sto qui ad agonizzare e a chiedermi, insieme che so a McLuhan, a Galimberti e ad altri dinosauri del pensiero novecentesco, che cosa sarà di noi e dei millennials! E penso alla più abusata citazione da Il Gattopardo come a una Verità Rivelata. Baricco invoca, senza citarla espressamente (forse perché novecentesca), l'eterogenesi dei fini: si parte con un ideale rivoluzionario e si finisce col capitalismo avanzatissimo di pochi Zuckerberg o Bezos, con la manipolazione delle menti ad opera di un gioco tanto pesante quanto apparentemente il più leggero mai creato sulla faccia della terra. L'eterogenesi dei fini è analogica, ma evidentemente persiste (e bene) anche nel mondo digitale.

Baricco cita molti eroi di questo nuovo universo, ma si guarda bene dal citare filosofi e intellettuli del passato (anche quando li usa, e li usa pesantemente nelle parti critiche più intelligenti del libro).

Un esempio per tutti: quando ci parla dell'uomo aumentato, dell'uomo digitale della post-esperienza che concepisce la macchina come “naturale” estensione di se stesso. Bene, io quella estensione di se stesso la chiamo “protesi” e questo concetto ricordo che era già stato espresso in un'operetta del 1929 di un certo Freud, Il disagio della civiltà. Allora, per favore Baricco, dai a Cesare quello che è di Cesare (Commentari compresi, non a caso).

L'uomo nuovo della nuova civiltà che si va profilando (cito), «in un sistema in cui il mondo e l'oltremondo digitale girano uno nell'altro generando un unico sistema di realtà, (non può) mettersi lì a tracciare la linea di demarcazione fra reale e irreale in Fifa 2018, gli sembrerà curioso almeno quanto mettersi a separare le verdure in un minestrone, o chiedersi se gli angeli sono maschi o femmine o transgender. Sono angeli, ecco cosa sono» (p.92). Ma perché mi chiedo «non può mettersi lì a tracciare la linea di demarcazione fra reale e irreale»? Poi mi rispondo, come secondo me si risponde implicitamente anche il divino autore, perché non può più farlo. Non lo vuole fare, non lo sa più fare, non gli interessa farlo, e tutto diventa reale (vale tutto in questo gioco!).
Bene anzi male, io pavento questa rinuncia (mi ripeto come Baricco) «a tracciare la linea di demarcazione fra reale e irreale». Perché sarà pur vero che ora la realtà è a doppia propulsione, ma non credo che queste 2 propulsioni vadano sempre all'unisono o, qualora ci andassero anche, magari parliamone...sugli effetti, dico.

Fra un device e l'altro, fra un tool e l'altro, fra un «fossile» e l'altro (solo Baricco può già parlare e praticare paleontologia e archeologia dell'Era Digitale!... troppo oltre, il ragazzo...), fra un «siate affamati! Siate folli!» di uno Steve Jobs di turno, che più che un'esortazione alla creatività giovanile ormai mi suona inquietante e armato del retropensiero dei vari Bezos – che poi con la vostra fame e la vostra follia ci pensiamo noi a far soldi... – , insomma fra tutta questa congerie complessa di storia zippata, dove fame e follia restano anche quelli di sempre, l'autore arriva ad ammettere che al Game c'è chi vince e c'è chi perde (ma va?), non invocando la “selezione naturale” (va bene darwiniana, ma pur sempre ottocentesca, cribbio!), semplicemente presupponendola.       

Questa epoca (frammento di tempo – sospensione – punto di fermata – questa è l'etimologia del termine) è “l'era del non più e del non ancora”, un'era “caoszoica”, dove è possibile solo migrare o, se va bene, essere permanentemente nomadi. Dove a ogni Ulisse non sarà più permesso il ritorno, ma solo navigare, senza “virtute e canoscenza”. Un'epoca in cui non sappiamo se prevarrà il caos o quel lògos eracliteo che permetterà ancora alla vita di sussistere in qualche ordine di multiforme persistenza. Fra Apocalittici e Integrati si sta, e con noi Baricco, in una “Terra di mezzo” sospettosi e inquieti, a giocare col nostro futuro. Forse equidistanti (ma non è detto) fra l'apocalisse e un'integrata nichilistica liquefazione. Migranti o nomadi? Millenaristi o ottimisti con cautela? Totalmente in fuga perché proiettati e protetti dentro le nostre estensioni? Introflessi, estroflessi o crisalidi abortite?

Postilla 1 (direbbe il Nostro): per me l'etimologia (la profonda verità della parola) probabilmente mi fa lo stesso effetto dell'algoritmo di Google per quegli oscuri matematici che quotidianamente (si dice) lo perfezionano. Un'esoterica libidine.

Postilla 2 (come sopra): per me questa realtà a doppia propulsione concentrica, mi fa lo stesso effetto come di essere su un tapis roulant della Technogym (pubblicità gratis), con i soliti auricolari a scaricarti musica solitaria nelle orecchie, e tu a correre, correre, sempre fermo lì. Il corpo suda e si rinvigorisce certo, pur senza un cielo, una terra, un paesaggio che ti scorra incontro. Un artificiale onanismo.

E concludo – Game Over.    

Al posto di (o meglio, insieme al) THE GAME di Baricco, leggetevi della filosofa Donatella Di Cesare l'ultimo libro, Sulla vocazione politica della filosofia (Boringhieri 2018).
In effetti il titolo non è accattivante, ma sono solo 153 pagine (note e bibliografia esclusa). Un libro smart, veloce, leggero, dalle traiettorie fulminanti, scritto benissimo – nulla da invidiare allo stile del nostro profeta – con immagini brillanti e agili, ma ahimè novecentesco.

Vi cito solo l'inizio, quasi un'afflitta poesia, titolato l'immanenza satura del globo:
«Non c'è più un fuori.
Appare così lo stadio ultimo della globalizzazione».

Leggetelo, perché di tutto questo Baricco non parla, tutto intento a tranquillizzare intelligentemente se stesso e l'Occidente saturo.

Anche l'era digitale (spero) avrà bisogno, sempre più bisogno, della capacità di formulare le domande di Socrate. Di concepire di nuovo quel “fuori” (che alcuni di un era analogica chiamarono metafisica) che ci permetta di riconoscere ancora l'Altro, che ci permetta ancora di condividere e sognare.

Pozzi di Seravezza, 16 marzo 2018

                                                                           Francesco Parasole