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lunedì 10 febbraio 2014

Una Critica Teorica ai giudizi sui vini di certi degustatori.

Riporto questo scritto per aprire una discussione sul concetto stesso di degustazione e di analisi sensoriale sul quale molto spesso di fa parecchia confusione.



La maggior parte degli assaggiatori utilizza un linguaggio privato per esprimere le sensazioni ricevute assaggiando un vino. Nella misura in cui il linguaggio stabilisce i limiti del nostro pensiero,
questo non può essere un fenomeno intrinsecamente pubblico.
In sintonia con ciò che afferma Wittgenstein, un linguaggio privato, in linea di massima, non si può condividere perché viene utilizzato per fare riferimento alle esperienze presumibilmente private di un individuo.
La mia esperienza è qualcosa di privato. Io posso descrivere a me stesso la mia esperienza interna e
nessun'altra persona é in grado di giudicare se la mia descrizione è esatta o meno. Se risaliamo alla descrizione di Sant'Agostino relativa all'apprendimento del linguaggio, indicando gli oggetti e attribuendo loro un nome, deduciamo che le parole sono i nomi degli oggetti e che le combinazioni
di parole consentono di descrivere la realtà. Se a un bambino diamo una banana per insegnargli il significato della parola banana, è una definizione ostensibile, ma al tempo stesso ha
bisogno di una serie di spiegazioni complementari affinché il bambino capisca se ci riferiamo alla forma, al colore o all'odore. Anche se il bambino comprende a cosa si riferisce nello specifico la definizione ostensibile, é possibile  che non riesca a fare correttamente la transizione da un caso specifico a un altro caso simile. Se prendiamo in esame la natura del linguaggio reale, presto scopriamo che la teoria agostiniana non e esatta. II significato delle parole proviene dal loro uso, da ciò a cui fanno riferimento. Il linguaggio non ha un'essenza soggiacente, un minimo comune denominatore, una funzione unica. Se prendiamo in esame il linguaggio, troveremo piuttosto una sovrapposizione di funzioni che viene utilizzata nei vari contesti.
Ove non esiste un metodo possibile per verificare se il termine viene applicato correttamente, allora tale termine non può avere significato. Pertanto, Wittgenstein conclude che attribuire dei nomi alle nostre esperienze private tramite definizioni ostensibili private è un'idea priva di senso.
Il linguaggio è pubblico e i criteri per applicare più e più volte le parole sono pubblici.
Detto ciò, risulta evidente che la maggior parte delle descrizioni che alcuni critici realizzano circa le qualita organolettiche di un vino sono assolutamente prive di valore.
Per questo motivo le riviste specializzate dovrebbero eliminare tali commenti realizzati con un linguaggio privato e spiegare il vino con un linguaggio universale, utilizzando parole e linguaggi precisi.

D’altro canto sembra che nel linguaggio del vino sia resuscitata la teoria di Hegel ( questi non cerca la verità: l’unica cosa che desidera è impressionare) basata sulla mancanza di modestia e sull'irresponsabilità intellettuale, quando alcuni si pronunciano in modo incomprensibile per ottenere un certo effetto. Pensano che se qualcosa è comprensibile, allora non ha profondità Questa è la tradizione dell’intellettualismo. L’essere umano ha i suoi limiti e bisogna fare silenzio su ciò di cui non si può parlare. Indubbiamente, promuovendo tale cambiamento, ci scontriamo con l’orgoglio e gli interessi economici di questi “ scribacchini”.

Tratto da Vino Corpo e Cervello  di Ramon Viader Guixà
Edizioni AEB

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