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mercoledì 18 marzo 2020

Per rimanere in contatto - L'attacco dei cloni

Buongiorno a tutti,
per rimanere in contatto e per scambiarci un pò di idee in questo tempo sospeso, vi propongo da questo blog una serie di piccole riflessioni tecniche  sul vino e il suo mondo, cosa che sicuramente so fare meglio che commentare libri, che spero sia possibile riprendere al più presto.
Premetto che le considerazioni che farò e le affermazioni non sono di livello accademico ma più colloquiale, e mi perdoneranno i colleghi se il mio rigore scientifico avrà delle falle, ma come sempre, si semplifica senza stravolgere la verità, almeno questo è il mio proposito.
Vi propongo quindi una prima riflessione sulla selezione dei vitigni.

L'attacco dei cloni


In primo luogo bisogna chiarire che tutte le viti ammesse a ad oggi alla produzione di vini doc e docg, (DOP) secondo la nuova denominazione europea, sono di una unica specie la Vitis vinifera.
Dunque le varietà per  differenti che siano sono "sorelle" ( o fratelli ) fra loro. La prova classica della appartenenza ad una unica specie la da la fertilità della progenie:  si può sempre ottenere un figlio fertile dall'incrocio di due varietà di viti della specie V. vinifera.
Detto questo come si procede alla selezione di nuovi cloni e nuove varietà?
In genere esistono due fonti dove attingere per questi lavori: la natura e l'induzione umana.
La natura di per sé seleziona e spinge gli  organismi viventi a selezionarsi o meglio a diversificarsi, le condizioni ambientali selezionano queste diversità in maniera da favorire quelle che si adattano meglio a loro.
Ecco dunque che negli ambienti più disparati dove vive la vite si possono sviluppare nuove varietà che si adattano meglio all'ambiente circostante. Su questa base si innesta il lavoro dell'uomo che ha i suoi obbiettivi , che in molti casi non sono quelli della V. vinifera.
La strategia ottimale per una pianta, che non può muoversi e che però ha come obiettivo la sopravvivenza della specie, è quello di ottimizzare la diffusione dei semi. Produrre frutti appetibili dagli uccelli , nel maggior numero possibile , in modo che i semi contenuti dentro le bacche, transitino indenni nell'intestino degli animali e possano allontanarsi dalla pianta madre quanto gli uccelli possono volare . In questa ottica maggiore è il numero delle bacche prodotte e disposte in zone più possibile esposte per facilitare la predazione. Consideriamo poi la qualità dei semi; la tanto studiata componente tannica dei vinaccioli e la loro copertura con stati di cera, altro non hanno che la funzione di garantire un transito  dei semi , indenni dall'apparato digestivo degli uccelli o altri predatori.
Ma l'uomo chiede alla vite altre cose; profumi, molto succo, zuccheri e serbevolezza del vino. E quindi inizia a scegliere, selezionare le viti selvatiche in funzione di questi parametri fino a distinguerle in varietà che si localizzano in certi areali dove, nel periodo in cui sono state selezionate, si adattano meglio.
L'altra fonte di variabilità è l'opera dell'uomo sul genoma della vite.
Oggi possiamo intervenire in maniera chirurgica sul DNA della vite con sistemi di sostituzione di frammenti  che stanno dando risultati importanti nella nascita di varietà resistenti, ma già con l'incrocio si sono avuti grandi innovazioni nel panorama ampelografico: varietà come il Muller Thurgau, l' Incrocio manzoni, Baco A 22( famoso perché utilizzato nella produzione dell'Armagnac), l'Albarossa, Ervi, Alicante Bouschet, ecc. hanno contribuito alla diffusione delle possibilità di vinificazione e produzione.
Alcuni cloni di sangiovese

In questo lavoro di selezione si porta poi la distinzione all'interno delle varietà con il concetto di clone. Di tutti i sangiovesi per esempio, si inizia distinguere quelli che per migliori caratteristiche qualitative si differenziano, magari, in un appezzamento  di tutto sangiovese e nasce la cosiddetta "selezione massale" ovvero si applica alla varietà lo stesso concetto espresso prima per la specie. Anche qui sono possibile due vie: la seleziona da fonti naturali e quella attraverso incrocio intravarietale.
Come si comprende dal nome il clone viene riprodotto per via agamica, come succede oramai anche per le varietà , per consentire ai produttori che impiantano un vigneto di avere in campo proprio la varietà che desiderano e naturalmente un determinato clone. Ovvero dal punto di vista genetico un determinato clone di sangiovese dovrebbe dare origine ad esemplari tutti identici dato che il patrimonio genetico è lo stesso. Sono  come si dice propriamente CLONI.
Oggigiorno c'è un ampio dibattito su questa ricerca dei cloni in viticoltura per motivi legati alla presunta possibilità di questi cloni di non poter resistere ad eventuali nuove malattie essendo messa a rischio la biodiversità.
In linea di principio il concetto è sicuramente valido ma esso sarebbe molto più stringente,  se si trattasse di coltivare la vite in un ambiente naturale. Di per se l'agricoltura  è un ecosistema molto semplificato dove alcuni concetti generali rischiamo di perdere molta della loro forza, dato che si annullano certi meccanismi di auto selezione; prova ne sia che durante l'ottocento e i primi del novecento, quando abbiamo subito l'invasione delle principali malattie della vite prima sconosciute in Europa ( fillossera, Peronospora e Oidio),  la biodiversità, che pure esisteva (non essendo diffusa la selezione clonale ed essendo i vigneti certamente più promiscui di oggi) , non ha salvato le nostre viti dalla necessità di trattamenti e di reinnesti. Ma come dicevo in precedenza l'obiettivo della vite come specie non è certo quello dell'uomo e non avremmo i meravigliosi vitigni che abbiamo,  che ci donano le amplissime varietà di vini della nostra viticoltura moderna se non avessimo avuto questo attento e continuo lavoro di selezione dell'uomo.

Lamberto Tosi


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